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Questa settimana abbiamo ben due parashot. Per effetto dell'allineamento dell’anno lunare con quello solare, quest’anno, il 5780 per i nostri fratelli Ebrei, le “porzioni” 22 e 23 vengono accorpate in un’unica settimana. Vayakhel, וַיַּקְהֵל “Fece  radunare“ (Es 35,1-38.20) e Pekudei, פְקוּדֵי “Questo è il computo” (Es 38,21-40,38) ci conducono fino al termine del secondo libro della Torah, שְׁמוֹת Shemot, Esodo.

Nella prima parashà, due artigiani esperti, che oggi li chiameremmo piuttosto “architetti”, vengono assunti per realizzare la Dimora, esattamente come Dio l’ha rivelata a Mosè: Besalel e Ooliab. Sono “uomini pieni dello spirito di Dio” e di saggezza (cfr. 35,31ss). Sono anche capaci di insegnare (36,1). Nella Bibbia nessuna arte è semplice competenza tecnica, è sempre invece accompagnata e sostenuta da una “sapienza del cuore”, cioè dal sapere operare secondo il progetto di Dio, l’architetto e il committente superiore. La parashà, proseguendo, si addentra nella descrizione dettagliata dell’esecuzione dell’opera. 

La seconda parashà si apre con il computo dei metalli utilizzati. Oro: 29 talenti e 730 sicli. Argento: 100 talenti e 1735 sicli. Bronzo 70 talenti e 2400 sicli.  Completati tutti gli elementi strutturali e gli arredi (39,32), Mosè, verificata la conformità al progetto rivelato, li approvò e li benedisse (39, 43). L’anno successivo, nel primo giorno del primo mese (Capodanno, Rosh Ha-Shanah), la Dimora venne inaugurata con la prima funzione sacerdotale (capitolo 40). Dio scese con la sua nube e ne prese dimora (v.34) e d’allora iniziò a camminare con il suo popolo: quando la nube si alzava dalla tenda, il popolo la smontava e si metteva in cammino, fino alla successiva tappa.

 

Daniele Salamone nel suo video ci ricorda che, sia per la legge di Mosè che per quella di Gesù, beato non è chi solo ascolta la Parola, ma chi la mette in pratica: “se mi amate, osserverete i miei comandamenti” (Gv 14,15). A seguire, fa un accenno al curioso mistero della “Giovenca rossa” che i fratelli ebrei continuano a cercare come segno che darà il via alla ricostruzione del terzo e definitivo Tempio di Gerusalemme.

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Per lo studio settimanale, abbiamo questa volta una grossa porzione di testo, ben 6 capitoli! In questi giorni difficili di reclusione forzata in casa, per molti noi il tempo certo non ci mancherà per una lettura più prolungata delle Scritture. Potremmo scandire il tempo libero con una buona ora di lettura, provando a leggere una pericope al giorno, prima in italiano e poi in ebraico, confrontando la nostra pronuncia con quella serfadita, come abbiamo indicato alla fine della parashà scorsa e in un video specifico.

Alla fine di ogni lettura, possiamo far seguire, come nella prassi delle Lectio Divina, la meditazione e la preghiera. Meditare, etimologicamente significa infatti studiare. Un esercizio che ha molto a che fare con il nostro studio della Grammatica. Meditare nel senso di “ripetere gustando le parole”. 

Il consiglio è quello, doma la lettura, di tornare e fermarsi su un solo versetto, quello che più ci colpisce, ci incuriosisce o anche ci tormenta per la sua evidente assurdità, e provare a compulsare i verbi che vi troviamo. Secondo il metodo già visto, De arte inveniendi radicem sive primitivum  cujusque Divisionis Hebraicae, cerchiamo per ogni verbo il suo radicale trilittero e proviamo, con l’aiuto dell'analisi grammaticale e la concordanza offerta da  BibleHub, di capire aspetto e forma,  di recuperare le ricorrenze più significative in tutta la Torah, e di risalire al significato etimologico. Il dizionario ci sorprenderà e ci aprirà un mondo di significati nuovi che avremmo mai immaginato.

Per oggi abbiamo messo abbastanza carne sul fuoco, sarà questa la nostra “Giovenca rossa” da offrire?

Buono studio e 

שבת שלום

 

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