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La donna che ha partorito (Tazria, תַזְרִיעַ)… ” resterà isolata per sette giorni, più altri 33 giorni, cioè 40: una quarantena! Questa strana legge con cui si apre la Parashà di questa settimana, Lv 12,1-13,59, getta una luce nuova e inaspettata sulla nostra quarantena forzata: esiste un isolamento per scongiurare un contagio ma anche un isolamento per accogliere la vita nascente. Entrambi mirano alla purificazione: quella della pelle e quella del cuore.

Il nostro brano (Lv 12,1-5) distingue il parto di un maschio, che prevedere 40 giorni di “purificazione”, da quello di una femmina che raddoppia le cifre: due settimane, “come durante le sue mestruazioni” più 66 giorni per “purificarsi dal suo sangue” (14+66=80). I rabbini si sono chiesti spesso il motivo di questa quarantena “doppia” per il parto di una figlia rispetto a quello di un figlio. 

Tra le tante risposte raccolte nell’arco della lunga tradizione ebraica, due restano le più interessanti. La prima è molto pratica: il maschio dovendo essere circonciso l’ottavo giorno e avrebbe avuto bisogno quanto prima delle cura della madre per riprendersi dal trauma e dalla sofferenza del taglio del prepuzio. La seconda risposta è più profonda: la femmina ha differenza del maschio è chiamata a rivivere nel suo corpo la gravidanza e quindi ha bisogno di raddoppiare il suo tempo di raccoglimento per essere rafforzata e preparata in futuro a sostenere i rischi che ogni gravidanza comporta.

In entrambi i casi, l’isolamento imposto alla puerpera, più che una reclusione per espiare una colpa, è da intendersi invece come possibilità di cura, riposo e soprattutto intimità con il mistero della vita che si è appena realizzato in lei. Un tempo per godere in pace la gioia di avere tra le braccia il figlio tutto per sé. E il rito di offerta al tempio, alla conclusione della quarantena, un atto di ringraziamento a Dio per il dono ricevuto (cfr. Lv 12,6-8).

Di questo e degli altri “benefici dell’isolamento” ce ne parla Daniele Salamone nel suo consueto commento alla parashà:

Ma esiste ovviamente anche l’isolamento antinfettivo: quello della lebbra (Lv 13s). La parola che noi traduciamo solitamente con “lebbra” (cfr. Lv 13,2), in ebraico è צָרָעַת, tzara`at. Di etimologia incerta, indica in realtà vari problemi della pelle che “isolano” di fatto chi ne viene colpito, ma anche funghi e muffe che possono apparire su oggetti e alimenti.

Nella Bibbia però la tzara`at  viene considerata non una infezione contratta dall’esterno per contagio, come ad ad esempio da un animale, ma sempre una manifestazione esterna, epidermica di un problema interno all’uomo, un problema del suo spirito. Non si tratta tanto di un particolare disturbo della personalità o addirittura di possessione diabolica, quanto piuttosto della conseguenza visibile di invisibili vizi dell’anima, come ad esempio l’avarizia, la maldicenza, la diffamazione. Sull’avarizia anche Gesù aveva parlato di “tignola e ruggine” che corrodono i tesori accumulati sulla terra (cfr. Mt 6,19). 

Di questi interessanti aspetti ci parla sempre Salamone nel video su riportato, citando anche diverse casistiche rubricate nel Talmud. 

Ritornando al tema prettamente biblico della “quarantena”, riporto interamente il bellissimo post che Hora ha pubblicato sulla sua pagina, già altre volte citata, “Crescere con le radici delle parole ebraiche” https://www.facebook.com/radiciebraiche/

QUARANTENA תְּקוּפַת אַרְבָּעִים יוֹם (Tekufat arba’im yom – lett. Periodo di quaranta giorni)!

Anche הֶסְגֵּר (Hesgher), termine che deriva dalla radice ס ג ר (Chiudere, chiudersi …). La gematria di questa descrizione iniziale di QUARANTENA תְּקוּפַת אַרְבָּעִים יוֹם ha il valore numerico di 1365 come l’espressione

זֶה סוֹף כּוֹאֵב עִם הַרְבֶּה מַשְׁמָעוּת!

(Zèh sof coev ‘im harbèh mashma’ut!) QUESTA FINE DOLOROSA CON TANTA SIGNIFICANZA! Un significante realistico ma anche pieno di speranza. Rimarrà dentro di noi un SEGNO! Un input all'ascolto interiore sempre più affinato e consapevole: שְׁמַע (Shemà’- משמעות- ש מ ע ) ASCOLTA!! Grandi personaggi hanno conosciuto questo ciclo di purificazione e rigenerazione completa di quaranta giorni. אַרְבָּעִים (Arba’im) Quaranta risuona come una sorta di plurale del numero QUATTRO אַרְבַּע (Arbà’- si conta al femminile). Vorrei soffermarmi ad elaborare questo termine di cui non si conosce con sicurezza la radice ma molti significati legati ad esso fanno capo alla radice ר ב ע QUADRUPLICARE, FECONDARE la terra….. רֶבַע oltre a UN QUARTO è anche PIOGGIA! Abbiamo già rilevato che la א all’inizio di una parola, è come un motore: intensifica il movimento! Gli anagrammi di questa radice ci ricordano ע ב ר l’ATTRAVERSAMENTO e IL PASSAGGIO nonché l’EBRAICO עִבְרִית e il primo appellativo di Abramo “ הָעִבְרִי “ (Ha’ivrì) e ר ע ב legata alla CARESTIA. Tutti noi in questi giorni siamo affamati di LIBERTA’, di NATURA e di RIPRESA! QUATTROCENTO si traduce אַרְבַּע מֵאוֹת (Arbà’ mèot). Anche questo numero risuona importante nelle parole divine rivelate ad Abramo nel Patto tra le parti (degli animali divisi): ….poiché גֵר (Gher) STRANIERO sarà il tuo seme (i tuoi discendenti) in una terra non loro e saranno schiavi e li opprimeranno

אַרְבַּע מֵאוׁת שָׁנָה

(Arbà’ mèot shanàh) QUATTROCENTO ANNI (Bereshit-Genesi 15,13). Da quel momento vengono contati gli anni: la schiavitù d’Egitto in effetti è durata 210 anni secondo la tradizione ebraica. QUATTRO ד, QUARANTA מ e QUATTROCENTO ת nella piccola numerazione mantengono il numero 4. Questo dimostra che tra queste lettere esiste una relazione importante. Le unisco e in una delle possibilità trovo la radice ת מ ד PERSEVERARE…. da cui deriva la parola תָּמִיד (Tamid) SEMPRE. Siamo sempre presenti a noi stessi e ricerchiamo il senso spirituale in ogni cosa. Questo è un imperativo e in questo momento ancora di più, sia per noi stessi che per tutti gli altri esseri viventi.

ת 4מ4ד4 - 444 הַשָּׁנָה נִגָאֵל !

(Hashanàh Nigael) QUEST’ANNO SAREMO LIBERI!

***

Per lo studio, considerando le festività di Pasqua, facciamo una pausa per la grammatica, ma non trascuriamo la lettura, ricordando che il nostro approccio è sempre quello diretto con i testi. Pertanto oggi vi propongo la rilettura del primo capitolo di Genesi, approfittando della bella lezione che lo stesso prolifico Daniele Salamone ci ha regalato su Facebook lo scorso 12 aprile, una lettura parola per parola.

E per chi volesse seguire anche il commento al brano può vedere il video del successivo 16 aprile.

I più volenterosi, se riescono a trovare ancora qualche altro minuto da dedicare allo studio, potrebbero sottolineare tutti i verbi incontrati nella lettura, e approfittarne per completare le famose schede del nostro lessico.

שָׁלוֹם

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