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Parashà 50
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La precedente parashà, la 49esima, conteneva ben 74 mitzvot, precetti, dei complessivi 613 contenuti nella Torah. Sicuramente la più densa di comandamenti tra tutte le parashot. Molti di questi precetti risultano davvero strani da applicare oggi, non solo per noi cristiani, ma anche per l’ortodosso ebreo. Come potremmo mettere in pratica la legge per “la donna fatta prigioniera” (cfr. Dt 21,11)? Tuttavia alcuni precetti restano validi e perfettamente applicabili, anche se in modalità differenti. Tra questi c’è sicuramente il “dovere” dell’offerta delle primizie, la cosiddetta “decima”, come leggiamo in apertura nella parashà di questa settimana Ki Tavo, כִּי-תָבוֹא Quando sarai entrato Dt 26,1-29,8.

Il problema della decima è molto sentito nelle nostre chiese: si deve considerare un obbligo, una tassa ben quantificata da evolvere alla comunità, o è piuttosto da considerarsi un’offerta spontanea e libera? Su questo si sofferma Daniele Salamone nella sua lezione:

 

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La pratica della lettura deve diventare un esercizio giornaliero, non limitato al solo Shabbat. Meglio leggere poco e spesso, piuttosto che molto, concentrandolo in un solo giorno. Per questo possiamo dividere la Parashà settimanale, spesso molto lunga, in pezzetti più piccoli. Ci aiuta la stessa Torah che nelle edizioni classiche suddivide il testo in pericopi più ristrette con spaziature e segni di pausa. 

Creata precedentemente la nostra suddivisione in porzioni quotidiane, non siamo tenuti a leggerli tutta in ebraico. Possiamo leggere in italiano, per poi soffermarci solo su alcuni versetti, propriamente in ebraico.

Ad esempio sui primi nostri versetti:

Avevamo promesso di non gravare queste ultime nostre letture con lezioni di grammatica, ma è bene  accennare qui al verbo essere, un verbo che si incontra spesso, anche se viene omesso quasi sempre al presente nelle forme dichiarative. E  infatti il nostro brano inizia proprio con וְהָיָה. È la terza persona singolare del perfetto. Andrebbe tradotto con “e sarà”, o “e avverrà” ... “che quando entrerai nella terra...”

Ci conviene dare un’occhiata al paradigma completo di questo verbo “debole” in questa scheda https://www.biblistica.it/wordpress/wp-content/uploads/2016/10/15.-Il-verbo-essere-ebraico.pdf e magari impararlo a memoria. 

In questo caso il perfetto dobbiamo tradurre con un futuro e non con un passato “e accadde”, o “e fu”, perché introduce una legge completa da applicare, “quando ci si insedierà nella terra promessa”. Quindi un’azione certamente completa, ma da fare nel futuro, in una fase successiva. Questa e altre forme di concatenazione di verbi sono spiegate molto bene da Giovanni Lenzi nel suo libro già citato, ad esempio per questo caso nella pagine 19-20, con dovizia di esempi biblici, completi e pertinenti:



שָׁלוֹם  שָׁבַּת

 

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