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BARI - «La parola “amore”, una delle più utilizzate, molte volte appare sfigurata». Così Papa Francesco, riprendendo un passaggio della “Deus caritas” del suo predecessore, introduce il commento al testo di San Paolo, dedicato al tema dell’Amore cristiano (1 Cor 13), nell’esortazione postsinodale “Amoris Laetitia”.

Quello che segue è l’articolo uscito sul giornaletto parrocchiale di san Marcello di questo mese con il quale anticipavo il tema del prossimo ritiro pasquale che la comunità vivrà sul Pollino il prossimo week end del 22-25 aprile.

Credo di poter affermare, senza tema di smentita, che sia la più ampia e approfondita esegesi spirituale di un testo di San Paolo, mai apparsa in un documento magisteriale. Mi riferisco alla prima parte del capitolo quarto dell’Amoris Laetitia (=AL), l’Esortazione apostolica sull’amore nella famiglia, in cui per ben 31 paragrafi, dal n. 89 al 119, Papa Francesco ci offre un puntuale commento, parola per parola, e una estesa attualizzazione di 1Cor 13,4-7, la seconda strofa di quello che generalmente viene chiamato “Inno alla Carità”.

Siamo nel cuore del Documento pontificio e il Papa, per mostrare plasticamente la bellezza del Vangelo del matrimonio e stimolare “la crescita, il consolidamento e l'approfondimento dell'amore coniugale e famigliare” (AL 89), applica agli sposi (cfr. AL 120ss) i 15 verbi usati da Paolo per descrivere l’Agape, l’amore operoso che Dio ha versato nei cuori dei cristiani “per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).

Come una meravigliosa rosa del deserto che apre i suoi petali al sole, così Paolo dischiude davanti ai nostri occhi l’Agape di Dio. Si tratta di 15 petali che sono verbi, non aggettivi, azioni concrete, non solo affascinanti riflessi colorati della luce: l’Agape pazienta, fa il bene, non invidia, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non nutre risentimento, non gode dell’ingiustizia, si rallegra della verità, tutto: scusa, crede, spera, sopporta. E Papa Francesco ce li illustra con sorprendente attualità mostrandoli nel vivo nei gesti quotidiani e famigliari della nostra esistenza.

Un'ottima occasione, quindi, per riprendere in mano questa stupenda pagina neotestamentaria, che purtroppo la Liturgia legge una sola volta nell'arco di tre anni (IV domenica del Tempo Ordinario dell'Anno C) e meditare insieme al Papa, non solo come coppia di sposi, ma anche come singoli membri della comunità cristiana, le esigenze di quella vera carità cristiana, che sta al di là e al di sopra di ogni dono di Cristo, di qualsiasi carisma, ministero e opera che possiamo compiere al servizio dei nostri fratelli.

Un testo che meriterebbe un intero corso di esercizi spirituali per passare in rassegna uno per uno i meravigliosi “petali dell’amore” e imparare a metterli in pratica. E forse proprio a un prolungato tempo di “esercizi” invita lo stesso Papa quando nella nota 106 ricorda il suo maestro, Sant’Ignazio di Loyola, che negli “Esercizi spirituali” dichiarava: “L’amore si deve porre più nelle opere che nelle parole”.
Il tempo favorevole per noi sarà il prossimo ritiro comunitario del 22-25 aprile a sa Severino Lucano, in Paradiso (l’hotel!)

Ciao

Salvatore

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